Simple SliderTwitter ListERROR: Username not exists or Twitter API error.SEPARATOR WITH TEXT Twitter SliderERROR: Username not exists or Twitter API error.★ ButtonsButton LargeButton MediumButton SmallButton With IconTweet Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Fusce leo turpis, dapibus quis tristique ac, laoreet ut lorem. Ut et augue sed sem ultrices pulvinar. Google Maps★ Posts Carousel“Mirjiu” «racconta di storie, miti e personaggi della Calabria»Agosto, 19Avventure sonore – parte primaAgosto, 19View More Posts★ Posts Grid“Mirjiu” «racconta di storie, miti e personaggi della Calabria»Agosto, 19Mixed by Max CarolaComments Il ritorno di Mimmo Cavallaro. “Mirjiu” «racconta di storie, miti e personaggi della Calabria» Un atteso ritorno a 7 anni dall’ultimo disco. Mimmo Cavallaro torna con un nuovo album, il prossimo 5 luglio sarà disponibile in digitale “Mirjiu”. Il più autorevole interprete della musica popolare calabrese Mimmo Cavallaro. “MirjIu”, album prodotto da Mimmo Cavallaro e distribuito da iCompany, vede lo stile che ha sempre contraddistinto l’artista calabrese, caratterizzato dall’utilizzo in chiave moderna degli strumenti etnici tipici della musica regionale, raggiungere la fase più matura, riducendo al massimo le contaminazioni e puntando sulla sperimentazione di tutto ciò che rimanda esclusivamente alla sua identità musicale e culturale. «In questi sette anni ho avuto il tempo per lavorarci su e con calma portare avanti questo progetto che è arrivato a conclusione, tra qualche giorno sarà su tutte le piattaforme», racconta Cavallaro al Corriere della Calabria. “Mirjiu” parla della Calabria e dei suoi personaggi, celebri solo alle persone del posto, che non sono mai diventati famosi ma che nell’immaginario collettivo sono rimasti dei miti. Descrive i luoghi che omaggiano la sua straordinaria bellezza ma anche quelli più anonimi, come le contrade dove Cavallaro è cresciuto. «In questo disco riesco a tirar fuori tante emozioni, tanti ricordi, tante sensazioni che parlano di luoghi, personaggi che sono sconosciuti ai più, ma “famosi” nei borghi. Sono persone rimaste nel mio cuore e che trovano posto nei miei ricordi ed ho deciso di renderle vive nelle mie canzoni per farle conoscere al pubblico».A proposito di persone rimaste nel cuore, non potevamo non chiedere a Mimmo Cavallaro un ricordo di Otello Profazio. «Otello è stato un grande artista, unico nel panorama della musica calabrese, un cantastorie che non ha eguali nel Sud Italia. Ha lasciato delle tracce indelebili nella nostra cultura Il disco, che contiene undici brani in dialetto calabrese e uno in italiano, vede la partecipazione di diversi artisti con i quali ha duettato nell’arco del suo percorso artistico. La voce di Davide Van De Sfroos in “Una storia mille storie”, la voce di Marcello Cirillo in “Tarantella di lu Sciorru”, il violino di Jamal Oassini (Tangeri Cafè Orkestra) in “Giamba u violinista”, e la voce di Antonella Ruggiero in “Ninna oh”, danno all’intero lavoro un respiro nazionale. Insolito per il genere, ma estremamente singolare, è l’intervento rap di Kento nel brano “Mirjiu”, dove gli strumenti popolari, il testo in dialetto e il sound dub si sposano perfettamente dando luogo ad una sonorità quasi onirica. La “restanza” di Vito Teti sembra appartenere anche a Mimmo Cavallaro, alla sua musica, ai suoi brani, ai suoi testi. «Mi sento parte integrante del concetto di restanza, Vito Teti fa un lavoro straordinario nel comunicare la Calabria. E’ chiaro che il suo pensiero mi porta evidentemente a soffermarmi sullo spopolamento dei borghi, un tema drammaticamente attuale, un fenomeno che mi rattrista. Ecco perché noi dobbiamo restare e dare il nostro contributo per parlare di questi luoghi, di questa terra, dei personaggi della Calabria». L’album uscirà il prossimo 5 luglio, ma l’agenda di Cavallaro è sold out. «Sì, fortunatamente anche quest’anno abbiamo una stagione abbastanza intensa, oltre ai concerti estivi, in autunno saremo in tour in Australia, insomma sarà un anno abbastanza impegnativo, abbastanza tosto». «A me basta poter suonare – chiosa – avere un palcoscenico e avere la voglia di raccontarmi e di raccontare le mie sensazioni, questo mi basta». (f.benincasa@corrierecal.it) Avventure sonore – parte primaAgosto, 19Audio Adventures...Comments Avventure sonore - parte prima Ricordo perfettamente il primo studio di registrazione professionale che ho visitato. Era, credo, nel 1976, e avevo appena assemblato il mio “Home Studio” con un registratore a 4 tracce Teac 3340S, che ero riuscito a ottenere tramite un contatto con i magazzini della NATO. Questo dispositivo era una vera novità per me, poiché offriva la possibilità di utilizzare il “Symul-Synch”. Con questo sistema, era possibile sovraincidere nuove parti musicali dopo aver registrato un primo passaggio, un'innovazione che semplificava notevolmente il processo di registrazione e che esaltava la creatività.All'epoca, il concetto di home recording era ancora poco diffuso, e io rappresentavo un po' un'eccezione. La mia attrezzatura, per quanto limitata, era il frutto di un grande impegno e della passione che nutrivo per la musica. Oltre al Teac 3340S, avevo un bellissimo Revox A77a stereo a traccia piena, elemento fondamentale per il mio lavoro. Questo strumento mi permetteva di trasferire le registrazioni su un “master”, garantendo una qualità sonora che nel mio piccolo studio non avrei mai potuto ottenere altrimenti. Utilizzavo un mixer Teac Model 2, un attrezzo spartano a 6 canali di ingresso e quattro in uscita. Dotato di fader per regolare il volume, ingressi per linea e microfono, il mixer includeva anche un rudimentale sistema di EQ basato su due filtri: uno passa-alto con la possibilità di selezionare frequenze a partire da 100 o 200 cicli, e uno passa-basso con frequenze fissate a 5000 o 10000 cicli.Dal manuale di questo mixer avevo appreso una buona parte delle informazioni necessarie per realizzare delle registrazioni decenti. Utilizzavo anche i miei due microfoni Sennheiser MD421, un altro pezzo raro per quel periodo, in grado di catturare le sfumature sonore in modo eccellente. Credo che questa attrezzatura, sebbene limitata e rarissima a quel tempo, sia stata fondamentale per formare la mia tecnica di registrazione, che si basava sul corretto posizionamento del microfono e sull’ascolto attento della sorgente sonora, al fine di riprodurla nel modo più fedele possibile.Quando si presentò l'opportunità di visitare lo studio di registrazione di Peppino Di Capri, situato in via Zanfagna e dal nome evocativo di “Splash!”, colsi al volo l’occasione. Era un'opportunità straordinaria che prometteva di arricchire la mia esperienza e il mio bagaglio culturale. Entrando nella regia, provai un brivido di eccitazione. Il mio cuore batteva forte mentre mi guardavo intorno. Con uno sguardo rapido e curioso, individuai il banco di missaggio Cadac, con il suo inconfondibile colore crema e gli equalizzatori con le manopole puntate verso il basso, come se aspettassero solo me per essere manovrati. C’era un registratore a 16 piste, non ricordo la marca, ma potrebbe essere stato un Ampex, dotato di una bobina da due pollici. La presenza di due enormi monitor Tannoy Buckingham dal suono cristallino mi colpì profondamente, amplificando ogni nota e ogni sfumatura della musica. Inoltre, c'era un rack di effetti che comprendeva alcuni processori della Eventide, vera tecnologia all’avanguardia per l'epoca, che prometteva di arricchire i suoni in modi che non avrei mai osato immaginare nel mio piccolo studio.Quel giorno imparai che restare in un angolo ad osservare ciò che accadeva mi permetteva di apprendere moltissimo. Questa si rivelò una buona abitudine che ho potuto sfruttare molte volte negli anni successivi e che mi ha fornito un gigantesco bagaglio di informazioni di prima mano. Ho avuto anche la possibilità di confrontare le mie tecniche di registrazione con quelle di altri, magari più esperti, e di scegliere quella che più si adattava al mio stile. Ogni sessione che osservavo era come una lezione aperta, un'opportunità per cogliere dettagli che altrimenti sarebbero sfuggiti. Ricordo molte cose di quella sessione: l’odore caratteristico delle macchine accese per ore, quel suono ovattato e incredibilmente avvolgente, e l’atmosfera calma ma ricca di eccitazione, che caratterizzava quei momenti creativi da fissare su nastro magnetico.Fu allora che notai, dall’altra parte del vetro, un musicista che stava suonando la chitarra, il mio strumento. Stava ricevendo istruzioni attraverso il “Talkback”, un microfono posizionato sul banco di missaggio che trasmetteva le indicazioni al musicista isolato acusticamente nella “Sala di ripresa”, davanti al microfono. Vedere come un artista interagiva con il tecnico del suono e come entrambi si sforzavano di ottenere il miglior risultato possibile era un'esperienza affascinante. In quei pochi minuti fui esposto alla magia dello studio di registrazione, e la passione che ancora oggi mi elettrizza ebbe il suo glorioso inizio.Tornato nel mio studio, ascoltai le mie registrazioni attraverso i Monitor Pioneer a tre vie, in una stanza non trattata acusticamente. Cominciai a riflettere su come migliorare la situazione nel mio studio casalingo. Era chiaro che per raggiungere il livello qualitativo che avevo appena sperimentato, dovevo investire tempo e risorse nel migliorare la mia attrezzatura e l'acustica della mia stanza. Fui spinto a studiare di più, a cercare nuove tecniche e a esplorare le infinite possibilità che la tecnologia audio poteva offrire.Iniziò così un viaggio di incessante miglioramento, durante il quale sperimentai, provai, e fallii molte volte. Ogni errore, tuttavia, si trasformava in una lezione, alimentando la mia determinazione. L'emozione di avere un microfono di fronte a me, giorno dopo giorno, diventava una fonte di ispirazione, e i miei sogni di realizzare musiche di alta qualità si facevano strada dentro di me.Con il passare del tempo, i frutti della mia dedizione cominciarono a emergere. Cominciai a collaborare con altri musicisti, a produrre brani e a perfezionare il mio stile. La mia prima esperienza allo studio di Peppino Di Capri rimase un punto di riferimento fondamentale nella mia carriera, un ricordo vivo che mi motivava a superare i miei limiti e a inseguire la mia passione con rinnovato vigore.Così, quell’innocente visita in uno studio di registrazione professionale non solo accese in me una scintilla, ma ha dato il via a un’odissea musicale. Oggi, mentre guardo indietro a quel momento cruciale, mi rendo conto che quella giornata rappresentava non solo un'incredibile opportunità di apprendimento, ma anche l'inizio di un percorso fatto di creatività, passione e, soprattutto, amore per la musica. © 2024 Massimo Carola - Maxsound Publishing, NapoliTutti i diritti riservati. 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“Mirjiu” «racconta di storie, miti e personaggi della Calabria»Agosto, 19Mixed by Max CarolaComments Il ritorno di Mimmo Cavallaro. “Mirjiu” «racconta di storie, miti e personaggi della Calabria» Un atteso ritorno a 7 anni dall’ultimo disco. Mimmo Cavallaro torna con un nuovo album, il prossimo 5 luglio sarà disponibile in digitale “Mirjiu”. Il più autorevole interprete della musica popolare calabrese Mimmo Cavallaro. “MirjIu”, album prodotto da Mimmo Cavallaro e distribuito da iCompany, vede lo stile che ha sempre contraddistinto l’artista calabrese, caratterizzato dall’utilizzo in chiave moderna degli strumenti etnici tipici della musica regionale, raggiungere la fase più matura, riducendo al massimo le contaminazioni e puntando sulla sperimentazione di tutto ciò che rimanda esclusivamente alla sua identità musicale e culturale. «In questi sette anni ho avuto il tempo per lavorarci su e con calma portare avanti questo progetto che è arrivato a conclusione, tra qualche giorno sarà su tutte le piattaforme», racconta Cavallaro al Corriere della Calabria. “Mirjiu” parla della Calabria e dei suoi personaggi, celebri solo alle persone del posto, che non sono mai diventati famosi ma che nell’immaginario collettivo sono rimasti dei miti. Descrive i luoghi che omaggiano la sua straordinaria bellezza ma anche quelli più anonimi, come le contrade dove Cavallaro è cresciuto. «In questo disco riesco a tirar fuori tante emozioni, tanti ricordi, tante sensazioni che parlano di luoghi, personaggi che sono sconosciuti ai più, ma “famosi” nei borghi. Sono persone rimaste nel mio cuore e che trovano posto nei miei ricordi ed ho deciso di renderle vive nelle mie canzoni per farle conoscere al pubblico».A proposito di persone rimaste nel cuore, non potevamo non chiedere a Mimmo Cavallaro un ricordo di Otello Profazio. «Otello è stato un grande artista, unico nel panorama della musica calabrese, un cantastorie che non ha eguali nel Sud Italia. Ha lasciato delle tracce indelebili nella nostra cultura Il disco, che contiene undici brani in dialetto calabrese e uno in italiano, vede la partecipazione di diversi artisti con i quali ha duettato nell’arco del suo percorso artistico. La voce di Davide Van De Sfroos in “Una storia mille storie”, la voce di Marcello Cirillo in “Tarantella di lu Sciorru”, il violino di Jamal Oassini (Tangeri Cafè Orkestra) in “Giamba u violinista”, e la voce di Antonella Ruggiero in “Ninna oh”, danno all’intero lavoro un respiro nazionale. Insolito per il genere, ma estremamente singolare, è l’intervento rap di Kento nel brano “Mirjiu”, dove gli strumenti popolari, il testo in dialetto e il sound dub si sposano perfettamente dando luogo ad una sonorità quasi onirica. La “restanza” di Vito Teti sembra appartenere anche a Mimmo Cavallaro, alla sua musica, ai suoi brani, ai suoi testi. «Mi sento parte integrante del concetto di restanza, Vito Teti fa un lavoro straordinario nel comunicare la Calabria. E’ chiaro che il suo pensiero mi porta evidentemente a soffermarmi sullo spopolamento dei borghi, un tema drammaticamente attuale, un fenomeno che mi rattrista. Ecco perché noi dobbiamo restare e dare il nostro contributo per parlare di questi luoghi, di questa terra, dei personaggi della Calabria». L’album uscirà il prossimo 5 luglio, ma l’agenda di Cavallaro è sold out. «Sì, fortunatamente anche quest’anno abbiamo una stagione abbastanza intensa, oltre ai concerti estivi, in autunno saremo in tour in Australia, insomma sarà un anno abbastanza impegnativo, abbastanza tosto». «A me basta poter suonare – chiosa – avere un palcoscenico e avere la voglia di raccontarmi e di raccontare le mie sensazioni, questo mi basta». (f.benincasa@corrierecal.it)
Avventure sonore – parte primaAgosto, 19Audio Adventures...Comments Avventure sonore - parte prima Ricordo perfettamente il primo studio di registrazione professionale che ho visitato. Era, credo, nel 1976, e avevo appena assemblato il mio “Home Studio” con un registratore a 4 tracce Teac 3340S, che ero riuscito a ottenere tramite un contatto con i magazzini della NATO. Questo dispositivo era una vera novità per me, poiché offriva la possibilità di utilizzare il “Symul-Synch”. Con questo sistema, era possibile sovraincidere nuove parti musicali dopo aver registrato un primo passaggio, un'innovazione che semplificava notevolmente il processo di registrazione e che esaltava la creatività.All'epoca, il concetto di home recording era ancora poco diffuso, e io rappresentavo un po' un'eccezione. La mia attrezzatura, per quanto limitata, era il frutto di un grande impegno e della passione che nutrivo per la musica. Oltre al Teac 3340S, avevo un bellissimo Revox A77a stereo a traccia piena, elemento fondamentale per il mio lavoro. Questo strumento mi permetteva di trasferire le registrazioni su un “master”, garantendo una qualità sonora che nel mio piccolo studio non avrei mai potuto ottenere altrimenti. Utilizzavo un mixer Teac Model 2, un attrezzo spartano a 6 canali di ingresso e quattro in uscita. Dotato di fader per regolare il volume, ingressi per linea e microfono, il mixer includeva anche un rudimentale sistema di EQ basato su due filtri: uno passa-alto con la possibilità di selezionare frequenze a partire da 100 o 200 cicli, e uno passa-basso con frequenze fissate a 5000 o 10000 cicli.Dal manuale di questo mixer avevo appreso una buona parte delle informazioni necessarie per realizzare delle registrazioni decenti. Utilizzavo anche i miei due microfoni Sennheiser MD421, un altro pezzo raro per quel periodo, in grado di catturare le sfumature sonore in modo eccellente. Credo che questa attrezzatura, sebbene limitata e rarissima a quel tempo, sia stata fondamentale per formare la mia tecnica di registrazione, che si basava sul corretto posizionamento del microfono e sull’ascolto attento della sorgente sonora, al fine di riprodurla nel modo più fedele possibile.Quando si presentò l'opportunità di visitare lo studio di registrazione di Peppino Di Capri, situato in via Zanfagna e dal nome evocativo di “Splash!”, colsi al volo l’occasione. Era un'opportunità straordinaria che prometteva di arricchire la mia esperienza e il mio bagaglio culturale. Entrando nella regia, provai un brivido di eccitazione. Il mio cuore batteva forte mentre mi guardavo intorno. Con uno sguardo rapido e curioso, individuai il banco di missaggio Cadac, con il suo inconfondibile colore crema e gli equalizzatori con le manopole puntate verso il basso, come se aspettassero solo me per essere manovrati. C’era un registratore a 16 piste, non ricordo la marca, ma potrebbe essere stato un Ampex, dotato di una bobina da due pollici. La presenza di due enormi monitor Tannoy Buckingham dal suono cristallino mi colpì profondamente, amplificando ogni nota e ogni sfumatura della musica. Inoltre, c'era un rack di effetti che comprendeva alcuni processori della Eventide, vera tecnologia all’avanguardia per l'epoca, che prometteva di arricchire i suoni in modi che non avrei mai osato immaginare nel mio piccolo studio.Quel giorno imparai che restare in un angolo ad osservare ciò che accadeva mi permetteva di apprendere moltissimo. Questa si rivelò una buona abitudine che ho potuto sfruttare molte volte negli anni successivi e che mi ha fornito un gigantesco bagaglio di informazioni di prima mano. Ho avuto anche la possibilità di confrontare le mie tecniche di registrazione con quelle di altri, magari più esperti, e di scegliere quella che più si adattava al mio stile. Ogni sessione che osservavo era come una lezione aperta, un'opportunità per cogliere dettagli che altrimenti sarebbero sfuggiti. Ricordo molte cose di quella sessione: l’odore caratteristico delle macchine accese per ore, quel suono ovattato e incredibilmente avvolgente, e l’atmosfera calma ma ricca di eccitazione, che caratterizzava quei momenti creativi da fissare su nastro magnetico.Fu allora che notai, dall’altra parte del vetro, un musicista che stava suonando la chitarra, il mio strumento. Stava ricevendo istruzioni attraverso il “Talkback”, un microfono posizionato sul banco di missaggio che trasmetteva le indicazioni al musicista isolato acusticamente nella “Sala di ripresa”, davanti al microfono. Vedere come un artista interagiva con il tecnico del suono e come entrambi si sforzavano di ottenere il miglior risultato possibile era un'esperienza affascinante. In quei pochi minuti fui esposto alla magia dello studio di registrazione, e la passione che ancora oggi mi elettrizza ebbe il suo glorioso inizio.Tornato nel mio studio, ascoltai le mie registrazioni attraverso i Monitor Pioneer a tre vie, in una stanza non trattata acusticamente. Cominciai a riflettere su come migliorare la situazione nel mio studio casalingo. Era chiaro che per raggiungere il livello qualitativo che avevo appena sperimentato, dovevo investire tempo e risorse nel migliorare la mia attrezzatura e l'acustica della mia stanza. Fui spinto a studiare di più, a cercare nuove tecniche e a esplorare le infinite possibilità che la tecnologia audio poteva offrire.Iniziò così un viaggio di incessante miglioramento, durante il quale sperimentai, provai, e fallii molte volte. Ogni errore, tuttavia, si trasformava in una lezione, alimentando la mia determinazione. L'emozione di avere un microfono di fronte a me, giorno dopo giorno, diventava una fonte di ispirazione, e i miei sogni di realizzare musiche di alta qualità si facevano strada dentro di me.Con il passare del tempo, i frutti della mia dedizione cominciarono a emergere. Cominciai a collaborare con altri musicisti, a produrre brani e a perfezionare il mio stile. La mia prima esperienza allo studio di Peppino Di Capri rimase un punto di riferimento fondamentale nella mia carriera, un ricordo vivo che mi motivava a superare i miei limiti e a inseguire la mia passione con rinnovato vigore.Così, quell’innocente visita in uno studio di registrazione professionale non solo accese in me una scintilla, ma ha dato il via a un’odissea musicale. 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